Car and Friends

Valerio Berruti
Marco Tullio Giordana

Tutto quello che non dovete sapere sulle auto

Renato Rascel, il corazziere in Maserati

Forse perché i bambini s’identificavano nelle sue macchiette e mai appariva adulto spocchioso o incomprensibile, Renato Rascel con quelle sue creaturine che sembravano sempre chiedere permesso prima di aprire bocca è stato un personaggio beneamato da noi bambini. Fin da quando fu permesso di seguirlo nei giganteschi elettrodomestici che a metà degli anni Cinquanta cominciavano a troneggiare nelle case come Lari della Modernità, nonché scandire tempi e regole con quel “dopo Carosello” che per i fanciulli suonava come la tromba del silenzio nella camerata dei soldati.

Renato Ranucci – questo il vero nome – era nato per sbaglio a Torino nel 1912 durante una tournée dei genitori (babbo cantante d’operetta, mamma ballerina) ma venne affidato a una zia e crebbe nel rione di Borgo che più romano non si può, anzi addirittura papalino, con quel miscuglio di mille mestieri servili e bravi artigiani devoti (o soccombenti) alla clientela curiale. I preti e le loro scuole lo formeranno obbediente scolaro e addirittura sarà scelto che ancora non ha dieci anni da monsignor Lorenzo Perosi, compositore eccelso e uomo tormentatissimo (per tema che distruggesse i propri manoscritti per lunghi periodi fu addirittura interdetto) che Papa Leone XIII aveva voluto nominare Direttore Perpetuo della Cappella Musicale Pontificia Sistina per quanto adorava le sue opere.

All’inizio degli anni Trenta, dopo vari mestieri e qualche esperienza come musicista, Renato si lancia nello spettacolo e sceglie in suo nome d’arte, Rachel, in omaggio a una nota cipria francese. Dato che tutti sbagliano la pronuncia, sostituisce il CH con la SC ed ecco il nome con cui diventerà celebre (il Regime però gli impone con capriola linguistica di italianizzarsi in Rascele, non rendendosi conto che così si rischia di buffoneggiare la moglie del Dux). Dall’avanspettacolo (dov’è comunque notato per la magnifica esuberanza dal critico Renato Simoni) al teatro di rivista cresce la fama del “piccoletto”, come affettuosamente lo chiamavano quando ancora nulla si sapeva di body shaming.

Il cinema lo scopre nel 1942 e con Tina De Mola (che sposerà, ripetendo in seguito il rito con Huguette Cartier e Giuditta Saltarini) gira Pazzo d’amore, diretto dal triestino Giacomo Gentilomo. Bisogna però aspettare il dopoguerra perché un regista ricercato come Alberto Lattuada gli affidi il bellissimo struggente ruolo dello scrivano Carmine De Carmine, protagonista de Il Cappotto, tratto da una novella gogoliana. Presentato a Cannes nel 1952, Rascel rischia di vincere la Palma d’oro come miglior interprete, battuto sul fil di lana dal Marlon Brando di Viva Zapata! diretto da Elia Kazan.

Negli anni successivi, fra teatro, rivista, cinema e televisione, Rascel si confermerà fra i beniamini dell’intrattenimento, anche se non mancherà qualche taglietto censorio, motivato dalla pruderie anziché dalla permalosità politica, a causa di certe filastrocche piene di doppi sensi che facevano ridere i bambini ma allarmavano i guardiani del comune senso del pudore. La celebrità internazionale gli sarà per sempre assicurata dal chant d’amour composto per la città adorata, quell’Arrivederci Roma che tutti abbiamo cantato almeno una volta nella vita e che ha avuto centinaia di interpreti in tutte le lingue del mondo.

Qualche tempo fa è andata all’asta in Spagna una Maserati 3500 GT carrozzata Touring appartenuta a Rascel. Si tratta di una delle prime, alimentata con tre carburatori Weber che verranno sostituiti dall’iniezione Lucas nella serie successiva, così poco affidabile che molti preferiranno riconvertirla a carburatori piuttosto che rimanere per strada. L’auto era finita in Francia, da lì aveva scavalcato i Pirenei dov’è stata, almeno a giudicare dalle foto, correttamente restaurata.  Renato Rascel l’acquistò nel 1958 per la notevole cifra di 3.500.000 (la bolla di consegna precisa: “diconsi lire italiane tremilionicinquecentomila”), al controvalore d’oggi quasi 50.000 euro. Neanche tanti, visto l’intrin-seco valore di quest’auto così ben disegnata e dalle eccellenti prestazioni, dato che il motore progettato dall’ing. Giulio Alfieri era lo stesso delle 350 S da competizione, una sapiente evoluzione del bialbero a doppia accensione progettato dagli ingegneri Gioacchino Colombo, Vittorio Bellentani e Alberto Massimino per le monoposto 250 F che regalarono a Juan Manuel Fangio i due Mondiali del 1954 e del 1957.

La bolla di consegna della Maserati GT 3500

L’auto non ha raggiunto il prezzo di riserva ed è rimasta invenduta, dunque prima o poi la si rivedrà in qualche asta. Varrebbe la pena di rompere il porcellino e dar fondo ai propri risparmi per accaparrarsela, vista la sua bellezza e la sua storia. Una buona azione per gli estimatori della marca del Tridente come per quelli dell’adorabile tenerissimo corazziere.

1960, Renato Rascel ne Il Corazziere di Camillo Mastrocinque