Car and Friends

Valerio Berruti
Marco Tullio Giordana

Tutto quello che non dovete sapere sulle auto

Due provini per la Giulietta

Conservo ancora il primo numero di Quattroruote uscito nel febbraio 1956, anzi conservo l’intera collezione fino ai primi anni 70, quando l’interesse cominciò a sbiadire. Posso dire di aver imparato a leggere sulla rivista e aspettavo con ansia lo scoccare del mese per andare in edicola a comprarla. Ebbe un successo immediato per la sua strenua difesa del consumatore, coraggiosa al punto di sfidare i governi di allora che vedevano l ‘auto come un pollo da spennare anziché uno strumento di emancipazione. Ero troppo piccolo per apprezzare le campagne che il suo editore/direttore Gianni Mazzocchi lanciava per abbassare la benzina, diminuire le tasse, costruire autostrade a tre corsie, allargare il mercato alle auto estere, pur stimando l’industria italiana. Insomma un vero campione della concorrenza e della libertà, un esponente vero e non “truccato” di quella cultura liberale di cui molti si vantano senza mai applicarne i principi. Io mi appassionavo alle prove su strada e, soprattutto guardavo le figure, le foto e i disegni di Sergio Toppi, Giorgio Alisi o gli “esplosi” pazzeschi di Giovanni Cavara che ti facevano vedere il giocattolo com’era “dentro” senza distruggerlo, il sogno di ogni bambino!

Giovanni Cavara, “esploso” dell’Alfa Romeo Giulietta Sprint Veloce

Il primo numero di Quattroruote recava in copertina l’immagine di una Giulietta berlina rossa come il peccato, l’aspirazione di tutti. L’agile vettura della casa del Portello era uscita con grande ritardo sui programmi a causa della rumorosità insopportabile in un’auto di famiglia, tanto che per non deludere la lotteria abbinata al lancio, l’Alfa decise di far uscire prima la versione sportiva, la stupenda Sprint. Che non deluse e anzi accese ancor più le aspettative.
Due anni dopo l’uscita della Berlina (4 cilindri, 1290 cm 3 , 53 CV, cambio manuale al volante) uscì nel 1957 la versione TI (turismo Internazionale) che ne esaltava gli spunti corsaioli portando la potenza a 65 CV e facendone la protagonista dei rally e delle corse in salita e durata oltre a diventare la prediletta di quella media borghesia rampante protagonista del boom economico.

Febbraio 1956, primo numero di Quattroruote

La prova su strada di Giancenzo Madaro del successivo maggio 1956 metteva in rilievo le superiori doti della Giulietta rispetto alle rivali sia in patria (Lancia Appia e FIAT 1100/1200) sia all’estero dove, per trovare prestazioni, frenata e tenuta di strada simili, bisognava cercare nei segmenti superiori e sborsare un sacco di soldi per via dei dazi protettivi e le tasse di circolazione.

Maggio 1956, Quattroruote, prova su strada della Giulietta berlina

Ho avuto modo di mettermi al volante di una Giulietta TI in varie occasioni. Ne acquistai una nel 1994 in condizioni catastrofiche (una stupenda prima serie color Blu Helvetia del 1958) e la riportai in vita grazie alla pazienza di artigiani la cui amicizia fu preziosa per contenere i costi, comunque alti tanto da farmi desistere per sempre dall’acquistare auto che non siano giù in ordine all’origine.
Eccola qua, prima e dopo:

La Giulietta TI del 1958 prima e dopo la cura

Per una quindicina d’anni ha dato molte soddisfazioni, compresi lunghi viaggi autostradali che forse oggi non rifarei. L’unico rischio per queste macchine infatti è la coda, la temibile marcia a passo d’uomo che rischia di mandarle in ebollizione. Meglio se si vuole percorrere in lungo e in largo la nostra bella Italia è usare le antiche consolari e camionali deserte, il misto veloce dell’Appennino con le sue curve strette, i tornanti e gli allunghi che permettano di sfruttare l’ottimo rapporto peso/potenza, la maneggevolezza della scocca e i rapporti del cambio ben distanziati. La frenata, all’epoca giudicata eccellente, oggi costringe a prevedere le mosse con largo anticipo e osservare le distanze di sicurezza.
Se devo proprio trovarle un difetto dovrei dire della scomodità del posto guida: una panchetta che non assicura la tenuta laterale, uno schienale dritto che costringe a guidare appesi al volante e al cambio, peraltro maneggevolissimo, non proprio il massimo del comfort. Progettata per italiani ancora poco vitaminizzati e “brevilinei”, come avrebbe detto il grande Gianni Brera, non è un’auto che si possa guidare a lungo senza frequenti soste per sgranchirsi.
Una volta venduta, me ne sono subito pentito.

1960 Giulietta TI seconda serie

Qualche tempo fa trovai da un collezionista un’altra bellissima Giulietta TI, una seconda serie del 1960, in condizioni eccellenti. Malgrado la scomodità fosse rimasta la stessa, ho potuto apprezzare le migliorie nel frattempo intervenute, a cominciare dal cambio Porsche in sostituzione del primigenio Borg Warner. Migliorata anche la frenata, la scatola guida, più altre raffinatezze di meccanica invisibili a occhio ma che aiutano la fluidità di marcia. Restano le accortezze da usare con qualsiasi automobile ormai settantenne – prudenza nelle distanze etc. – ma guidabilità e divertimento sono assicurati. Motore brillante, tenuta di strada eccellente, piccoli ritocchi di carrozzeria e qualità maggiore nelle finizioni degli interni, fanno di questa secondo serie (ce ne sarà anche una terza che abbonda in cromature a mio parere un po’ stucchevoli) forse la più moderna e sportiva delle berline del tempo. Per un decennio infatti le sue prestazioni rimarranno senza rivali.

1960 Giulietta TI seconda serie, posto guida