Ci si dimentica rapidamente degli avvenimenti, anche quelli recenti che ci riguardano da vicino, figuriamoci delle vicende della politica con le sue infinite convulsioni. Pochi ricorderanno il travaglio della rielezione del Presidente della Repubblica che ha strappato l’adorato Sergio Mattarella (adorato dal popolo italiano, molto meno dalla nomenklatura) alla vita privata cui anelava richiamandolo in servizio dopo un settennato in cui aveva già ampiamente dimostrato sangue freddo ed equilibrio. Il Presidente Mattarella è quindi tornato al Quirinale obbedendo al suo spirito di servizio, con grande soddisfazione dei cittadini illuminati e scorno dei politicanti che troveranno sempre in lui un argine inflessibile alla loro inadeguatezza esibita in continue prove di forza e comportamenti infantili.
La ragione di queste righe non è comunque dar voce all’inutile rampogna ma raccontare dei tesori meccanici custoditi nel garage del Quirinale: infatti, come già per l’inaugurazione del precedente settennato, Sergio Mattarella ha voluto utilizzare per la sua prima uscita pubblica una delle stupende Flaminia in forza alla Presidenza.

Per sua e nostra fortuna nelle rimesse del Quirinale sonnecchiano due fra le più magnificenti auto di rappresentanza mai costruite, ancora in perfetta forma malgrado i sessant’anni e più sul groppone: si tratta di due Lancia Flaminia 335 cosiddette “Presidenziali” costruita in 4 esemplari fra il 1960 e il 1961. Si tratta di modelli con piccole differenze tra loro, derivati dalla Flaminia di serie prodotta dalla Lancia fra il 1956 e il 1970, modello già di per sé opulento e “istituzionale” ma che nel caso della 335 fu ulteriormente lievitato e munito di dotazioni uniche da Giovanni Battista “Pinin” Farina, che proprio in quegli anni incorpora per decreto presidenziale il soprannome infantile diventando Pininfarina tutto attaccato.
Fu il Presidente Giovanni Gronchi a commissionare le 4 gemelle pensando alle imponenti Lincoln americane, alle Rolls-Royce britanniche, alle Mercedes-Benz tedesche, alle Citroën francesi, e bisogna dire che la nostra Flaminia 335 non sfigura affatto accanto alle rivali, rappresentando anzi l’epitome della smagliante salute industriale dell’Italia del boom.
La prima a esservi trasportata nel 1961 è Elisabetta II d’Inghilterra e la sovrana mostrò di apprezzarla al punto da far nascere la leggenda di una quinta Flaminia regalata alla Corona. Le Flaminia non sono invece che quattro e tutte ancora in efficienza. Portano nomi di purosangue, come usava in casa Savoia: due, come abbiamo detto, in forza al Quirinale, la Belvedere (targa Roma 454307) e la Belfiore (Roma 454308). La Belsito (Roma 474229) è in esposizione al Museo dell’Automobile di Torino e la Belmonte (Roma 454306) al Museo della Motorizzazione militare della Cecchignola in Roma.

Dopo Giovanni Gronchi (1955-1962) la Flaminia venne regolarmente usata da Antonio Segni (1962-1964), Giuseppe Saragat (1964-1971) e Giovanni Leone (1971-1978), rimanendo invece spenta nel settennato di Sandro Pertini (1978-1985) e Francesco Cossiga (1985-1992) a favore delle meno esposte (ma molto blindate) Alfetta, Lancia Thema, Fiat Croma e soprattutto Maserati Quattro-porte. Due esemplari della terza serie furono donati a Pertini – che l’adorava! -da Alejandro De Tomaso, allora alla testa del gruppo che deteneva la marca modenese. Nel 2004 la Maserati, stavolta capitanata da Luca di Montezemolo presidente del Gruppo Fiat, fece invece dono di una smagliante quinta serie al Presidente Ciampi.
Ridimensionato l’incubo del terrorismo e di possibili attentati, la Flaminia tornò in auge per merito di Oscar Luigi Scalfaro (1992-1999) e da quel momento in poi anche i successivi presidenti – Carlo Azeglio Ciampi (1999-2006), Giorgio Napolitano (2006-2015) e Sergio Mattarella (2015-2022 e per il nuovo settennato iniziato subito dopo) – hanno sempre voluto utilizzarla sia per la cerimonia d’insediamento che per la parata del 2 giugno.

Piccolo ricordo personale. Nell’estate del 2011 stavo girando sulla piazza del Quirinale una breve sequenza del film Romanzo di una strage. Il Ministro degli Esteri Aldo Moro si recava in forma privata al Quirinale a bordo della sua Flavia berlina per gli auguri natalizi al Presidente Saragat. L’azione si svolge nel dicembre del 1969. Moro era interpretato da Fabrizio Gifuni e la somiglianza, dopo ore di trucco, era davvero impressionante. L’azione si svolgeva all’esterno ma Fabrizio fu riconosciuto dal personale del Quirinale, dove suo padre, Gaetano Gifuni, era stato Segretario Generale sia con Scalfaro che con Ciampi. Ci dissero che Napolitano era in sede e che ci avrebbe graziosamente ricevuto. Non perdemmo l’occasione e ci recammo a salutare il Presidente che, alla vista di Gifuni nei panni di Moro, rimase molto turbato.
C’era in quei giorni la crisi del governo Berlusconi e il Presidente si trovava nel pieno delle consultazioni. Con sfacciataggine di cui fui il primo a sorprendermi, indicai Gifuni e proposi di affidare l’incarico a… Moro. La somiglianza, che avrebbe ribadito dieci anni dopo anche nel film di Marco Bellocchio Esterno notte, era davvero impressionante. Per un istante avemmo tutti la sensazione che il Presidente, prima di sorridere benevolmente, si fosse lasciato sopraffare dalla nostalgia.

Il Quirinale cessò nel 1870 di essere residenza del Papa per entrare invece nella piena disponibilità di Casa Savoia. Le sue scuderie trasformate in moderni garage non ospitarono quindi le fastose Mercedes Nurburg 460 che fu l’auto di Pio XI insieme alla Citroën Lictoria Six e alla Graham Page utilizzata anche da Pio XI. I Savoia li riempirono invece con le FIAT 2800 e le Lancia Astura che rappresentavano allora il non plus ultra della produzione italiana, visibili in tanti cinegiornali LUCE circondate da folle in visibilio per le apparizioni del Duce e di Sua Maestà il Re e Imperatore nelle occasioni ufficiali, la più fotografata delle quali fu senz’altro la visita di Hitler nel maggio del 1938.

Queste possenti limousine Astura della Lancia, 2900 dell’Alfa Romeo, 2800 della Fiat, vennero ancora utilizzate nel dopoguerra accompagnando i primi nostri primi Presidenti Enrico De Nicola (1947-1948) e Luigi Einaudi (1948-1955) per essere poi gradatamente sostituite da auto di serie meno imponenti, come le Lancia Aurelia, le Fiat 1400 e 1900, le Alfa Romeo 1900. Questa “normalità” venne interrotta da Gronchi che, forse a disagio per quelle auto che evocavano i disastri della guerra, preferì mostrare a tutti di cosa la nostra industria era capace commissioneìando le quattro Flaminia 335 che svolgono tuttora senza acciacchi il loro prestigioso servizio.
