Car and Friends

Valerio Berruti
Marco Tullio Giordana

Tutto quello che non dovete sapere sulle auto

Mad Max, la Cadillac Coupé de Ville e le altre. Viaggio tra hot rod deliranti

“Ti piace la de Ville?” chiede Al Pacino a Johnny Depp in Donnie Brasco. La risposta è celebre: “Forget about it”. Come altro rispondere? Lo stesso identico modello – quello del ’79 – guida Ray Liotta in Goodfellas; è del ’66 quello che porta Brad Pitt in giro per Los Angeles in C’era una volta a… Hollywood. Ma la Cadillac è una macchina da feticismo puro: guardarla non basta ma guidarla nemmeno. Ecco che nel clamoroso Titane, Palma d’Oro nel 2021, la de Ville diventa letteralmente il partner sessuale della protagonista, che della macchina rimane incinta. Sul New Yorker, il critico Anthony Lane scriverà: “Non vedevo una macchina divertirsi così tanto dei tempi di Herbie, il Maggiolino tutto matto”.

Eppure la storia del cinema ci ha dato ancora un caso forse pure più eclatante. Nelle terre plagiate dall’apocalisse di Mad Max: Fury Road, il disastro ha cancellato la flora, guastato la pelle ma ha lasciato intonsa la carrozzeria. Il poco carbonio rimasto sul pianeta è nel petrolio. Le macchine sono diventate espressione dell’animo e segno del potere – i corpi non valgono più niente; nell’oltretomba, gli uomini si aspettano un’esistenza “splendente e cromata”. Di questo mondo straziato, Immortan Joe è uno dei sovrani terribili: “Veterano delle Guerre del Petrolio”, “Eroe delle Guerre dell’Acqua”. Il suo esercito di Imperatori e Pretoriani lo ama come se fosse un dio. La sua auto, ovviamente, è una Cadillac Coupe de Ville, prima serie.

La “Gigahorse” di Immortan Joe è alimentata da due motori big-block che assieme generano 1200 cavalli, gli pneumatici posteriori sono da trattore, i vetri sono anti-proiettile e tra gli accessori ci sono un arpione e un lanciafiamme. Chiamarla Cadillac è come chiamare la Batmobile una berlina. Se proprio si vuole sorvolare sui dettagli, bisogna almeno specificare che più che essere una de Ville, la Gigahorse sono due de Ville: montate una sopra l’altra, quella superiore a mo’ di torretta, quella inferiore cabina di guida, con parabrezza allargato su misura. “In un mondo in cui nessuno ha un niente, sembrava scontato che lui dovesse avere due Coupe de Ville del 1959″, ha spiegato il folle Peter Pound, concept artist del film.

Le macchine di Mad Max sono hot rod frutto, più che di una passione, di un delirio. Sembrano le prime immagini allucinate dalle intelligenze artificiali: elementi sovrapposti e senza funzione logica, ornamenti tutti diversi, oggetti perturbanti perché simili ai nostri ma allo stesso tempo completamente diversi.

Negli anni in cui la CGI ha completamente stravolto lo stesso statuto del cinema, la troupe di Mad Max: Fury Road ha condiviso la stessa follia dei suoi antagonisti e lo stesso amore per l’auto, per creare dei pezzi unici e memorabili, che hanno davvero solcato le dune della Namibia. La loro non sarà stata forse la passione dell’amatore, non quella del collezionista, ma quella del bambino, alle prese con le hot wheels, con il meccano, con i Lego, di una fantasia che ancora non ha incontrato i limiti del mondo reale, o che nel frattempo li ha dimenticati.

Pastiche con ruote. Una Chevrolet Master del ’34 con tubi di scappamento laterali, motore Chevrolet V8 350, pneumatici Cooper STT e lance esplosive ornamentali (fino a quando non c’è bisogno di usarle)

La Ford Coupe del ’32 con motore V12 e telaio allungato, vera hot rod comprata dalla produzione, che alla macchina fece qualche modifica di poco conto (una mitragliatrice pesante montata sul tetto).

Sogni meccano-frankensteiniani: dare vita a veicoli assemblando rottami. Nella Cittadella, l’invenzione più strabiliante della storia è la saldatrice.

Ed ecco un maggiolino con bidoni di benzina attaccati alla macchina e doppie ruote posteriori.

Una Chrysler Valiant Charger, la più veloce del suo genere (il suo genere: i cingoli al posto delle ruote).

L’incredibile “Doof Wagon”: camion fuoristrada, il MAN KAT1, utilizzato dall’esercito tedesco come piattaforma di lancio dei sistema Patriot, e utilizzato dall’esercito di Immortan Joe come “macchina morale”. Vi sono montati quattro tamburi da guerra enormi, amplificati attraverso condotti dell’aria strappati da un edificio. Davanti, un muro di altoparlanti c’è il palco di un chitarrista (letteralmente il muso di una Holden FJ che sbuca dalle casse). Il tremolo della chitarra è perfettamente funzionante e attiva, inevitabilmente, il lanciafiamme installato sulla paletta.

Negli anni in cui la CGI ha completamente stravolto lo stesso statuto del cinema, la troupe di Mad Max: Fury Road ha condiviso la stessa follia dei suoi antagonisti e lo stesso amore per l’auto, per creare dei pezzi unici e memorabili, che hanno davvero solcato le dune della Namibia. La loro non sarà stata forse la passione dell’amatore, non quella del collezionista, ma quella del bambino, alle prese con le hot wheels, con il meccano, con i lego, di una fantasia che ancora non ha incontrato i limiti del mondo reale, o che nel frattempo li ha dimenticati.