L’Europa non cambia strada. Almeno sull’auto elettrica non torna indietro e il 2035 continuerà ad essere l’anno dell’addio al motore a scoppio. Anche se Ursula Von del Leyen, nel suo piano per l’auto appena presentato, concede una prima apertura ai biocarburanti prendendo finalmente in considerazione la neutralità tecnologica (“Valuteremo nel contempo se altre tecnologie potranno avere un ruolo”). L’obiettivo resta comunque quello di “aumentare la domanda di veicoli a zero emissioni attraverso incentivi e aiutare l’industria a portare i veicoli autonomi sulle strade europee più velocemente”
Dunque, il cuore dell’auto che verrà, almeno in Europa, resta una batteria da ricaricare con la spina. Scelta giusta? Scelta ideologica? A questo punto conta poco, soprattutto per l’industria che deve programmare il futuro delle fabbriche. Perché mettere in strada un’automobile non è proprio come produrre qualsiasi altro oggetto. Tutt’altro. Ci vuole tempo, ci vogliono certezze. Del motore termico che ci ha trasportato in giro per il mondo dalla nascita dell’automobile ad oggi sappiamo praticamente tutto. Del sistema elettrico che lo sostituirà dal 2035 conosciamo molto poco. Anche se molti fanno finta di sapere tutto e disegnano un futuro tutto da dimostrare.
E qui, arriviamo allo “strano caso delle batterie“, come detto, “il cuore di un’auto con la spina”. Negli ultimi due anni è stato scritto “di tutto e di più” con il risultato sconfortante che una persona “minimamente attenta e accorta” non crede più nulla di quello che viene sbandierato. Il motivo? È piuttosto semplice, visto che si passa con estrema disinvoltura da un imminente arrivo di batterie da oltre mille chilometri di autonomia all’annuncio di tempi di ricarica di pochissimi minuti. Da quelle al litio alle nuove allo stato solido. Dai metalli rari sì ai metalli rari no.

L’ultima “scoperta”, se così si può chiamare, riguarda l’uso del “silicio sottile” che migliorerebbe e prestazioni delle batterie al litio di almeno dieci volte. Basta cliccare due parole (batterie e silicio) su Google e troverete tutti i dettagli dello studio condotto dall’Università di Chicago la quale starebbe già lavorando con il Frontier Research Laboratory di LG Energy Solution per poter commercializzare la nuova tecnologia.
Basta, però, proseguire la ricerca per scoprire, ad esempio, che la situazione potrebbe diventare ancora più rosea con le batterie allo stato solido (invece dell’elettrolita liquido ne hanno appunto uno solido…) ricaricabili in appena cinque minuti, con maggiore autonomia e sicurezza.
Ma non finisce qui. In un imminente futuro, ci sono anche le nuove batterie agli anodi di niobio, anche queste ricaricabili in cinque minuti. Soluzione che prevede al posto del litio la grafite, rendendo, così, gli accumulatori più leggeri, più efficienti e in grado di ricaricarsi molto più rapidamente. Giusto per la cronaca, il niobio viene estratto principalmente dal Brasile che ne possiede quasi il 90% delle riserve note. E la Cina per la propria industria siderurgica ne importa attualmente il 95% circa.
Aggiungiamo le batterie al sodio che potrebbero rivoluzionare il mercato dell’auto elettrico e il quadro più confusionario e incomprensibile del pianeta è pronto. Anzi no, perché manca la cornice, confezionata con puntuali previsioni e scenari futuri (che altrettanto puntualmente non si realizzano mai).

Un’importante società di analisi economiche sostiene che dal 2026, quindi dal prossimo anno, il prezzo delle batterie potrebbe dimezzarsi, Se infatti, sostiene lo studio, nel 2023, ultimo anno per cui si abbia un valore consolidato, il costo delle batterie è stato pari a 149 dollari al kilowattora, nel 2026 dovrebbe scendere a 82 dollari (che comunque non è la metà).
Ma la ricerca scientifica sulla mobilità elettrica promette anche di più con gli accumulatori al litio-aria che, in teoria, promettono autonomie oggi inimmaginabili. Con smartphone e computer portatili che potranno non essere caricati per mesi e auto elettriche in grado di percorrere con un solo pieno di elettroni migliaia di chilometri.
E’ così che il futuro diventa una fiaba da raccontare. Nulla di più. E tra un sogno e l’altro, tra una previsione e un desiderio si ritorna improvvisamente alla realtà. Insomma, si guarda dall’altra parte della Luna e cosa si scopre? Un’indagine dell’Antitrust (questa sì che è vera) che mette sotto accusa autonomia e garanzia delle batterie per auto elettriche ritenute “poco chiare” e pratiche commerciali scorrette nelle comunicazioni di diverse aziende automobilistiche. In pratica, secondo l’Antitrust sui siti di quattro costruttori (Stellantis, Byd, Tesla e Volkswagen) sarebbero state pubblicate informazioni generiche e imprecise sull’effettiva autonomia delle batterie, su quali siano i fattori che influenzano effettivamente la distanza che le auto possono percorrere prima di doversi ricaricare e su quanto si deteriorano le batterie con un utilizzo normale dei mezzi.
Insomma, un bel problema per la credibilità del cuore dell’auto elettrica. E la risposta, almeno stavolta, non può che essere una domanda (retorica): come faremo a fidarci ancora?