Vedi anche le dieci macchine che sconvolsero…

Come quasi sempre accadeva alle Zagato al loro apparire anche questa Fulvia sembrò “brutta in fasce” (ma “bella in piazza”, come aggiungeva prontamente l’adagio per consolare le bruttine al loro primo vagito). Gli elementi stilistici del designer Ercole Spada – che aveva sempre trovato soluzioni brillanti per le Lancia Appia e Flaminia, senza dire delle stupende “saponette” Alfa Romeo Giulietta SZ – qui sembravano mischiati senza ordine preciso, una commistione di angoli e rotondità che sembravano tirati giù dagli scarti appartenenti a progetti molto diversi e incoerenti tra loro. Insomma, l’ultima nata delle Fulvia, dopo la berlina e la coupé, sembrava destinata al ruolo della “bruttina” ridotta nelle feste a fare da tappezzeria, come si diceva con crudeltà.

Ci volle invece poco tempo per render pienamente giustizia e apprezzare quella linea scorbutica, enfatizzata dalla mascherina piegata a diedro che conferiva alla Fulvia un ghigno unico al mondo e sarebbe rimasta un classico anche quando dipinta di nero nelle varie declinazioni susseguitesi durante i suoi sette anni di vita. Lo testimoniano le quotazioni alte che mantengono queste vetture malgrado la Fulvia vittoriosa in tutte le corse sia stata l’altra, l’elegante Coupé disegnata da Piero Castagnero e dallo strutturista Aldo Castagno, che con la versione HF conquistò nel 1972 il Campionato internazionale costruttori.

La ragione per cui le Zagato non vennero quasi mai impiegate nei rally risiedeva nella maggiore delicatezza della monoscocca su cui poggiava la carrozzeria in alluminio. La Fulvia Sport aveva adottato una carrozzeria integralmente in Peraluman, una lega di alluminio e magnesio, solo tra il 1965 ed il 1967. Nel periodo 1968-70 la carrozzeria divenne in acciaio, con cofano, portiere e sportello vano ruota di scorta in Peraluman. Il subentro della Fiat nella proprietà ridimensionò molto le costose collaborazioni artigianali a fronte dei limitati introiti derivati dalle vendite e a fine 1970 la carrozzeria divenne integralmente in acciaio perdendo le parti mobili in Peraluman. Il modello era stato leggermente ridisegnato da Giuseppe Mittino alzando il padiglione e allargando i parafanghi per poter ospitare pneumatici maggiorati. Il cofano motore, che sulle serie precedenti era incernierato sul fianco destro, fu incernierato sull’anteriore, come volevano le regole di sicurezza dell’epoca. La produzione cessò nel 1972, dopo che la Zagato aveva assemblato circa 6.183 esemplari.

Resta che le sopravvissute di queste, specialmente quando possono vantare una sia pur minima carriera sportiva, sono molto ricercate e abbastanza rare da trovarsi. Come in molti altri casi, hanno avuto più fortuna all’estero dove però non sempre le si trova in condizioni originali. Ripristinarla, con le complicazioni delle complesse lavorazioni dell’alluminio, non è impresa facile e si rischia, anzi è garantito, di spenderci dietro un sacco di soldi.
(continua nella prossima puntata) 1/La Topolino – 2/NSU Prinz – 3/Giulia Sprint GT