“Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende”. Era Don Abbondio, ma è difficile immaginare Makoto Uchida, ceo di Nissan, dire come un bravo a Toshihiro Mibe, ceo di Honda, “questo matrimonio non s’ha da fare”. La cancellazione del banchetto da circa 60 miliardi di dollari per proiettarsi come terzo costruttore mondiale è un segno dei tempi. Se sull’altare Nissan avesse detto sì, sarebbe diventato un passeggero. Meglio dire no, grazie.

Matrimoni e fusioni nell’industria dell’auto si fanno più complicate in un’epoca in cui la geopolitica corre più dell’innovazione tecnologica. Salvo essere il capitalismo cinese alla Don Rodrigo, che adesso obbliga a stare insieme tutta la vita due come Dongfeng e Changan. Honda e Nissan sono stati costretti ad annusarsi proprio per fronteggiare l’avanzata cinese, ma poi uno è scappato dal letto perché la regola di un uomo solo al comando non s’ha da fare. Gianni Agnelli lo disse in modo più elegante giusto 25 anni fa al tedesco Jurgen Schrempp, che aveva appena sposato la sua Daimler con Chrysler sostenendo di aver fatto un “matrimonio fra uguali”, in realtà una colonizzazione (e infatti non funzionò). Schrempp offrì 12 miliardi di dollari per Fiat e l’Avvocato rispose picche, “sarebbero stati un po’ più uguali di noi”.
Ma poi, questi matrimoni sfarzeschi, funzionano? Per altro in tempi in cui l’amministrazione Trump aggredisce su scala mondiale, la Cina è costretta a spingere sull’export per il rallentamento della sua economia, l’Europa rischia di essere schiacciata per non avere investito prima e di più su elettrificazione e intelligenza artificiale? L’ultimo celebrato quattro anni fa è stato Stellantis. I francesi di Psa hanno portato per mano all’altare gli italo-americani di Fca, creando un gruppo di 14 marchi cui l’ex ceo Carlos Tavares ha aggiunto in corsa il cinese Leapmotor.
Stellantis ha preso al volo lo scivolo del post Covid, quando è stato più facile fare utili per tutti, ed è scivolata appena la situazione dei mercati si è normalizzata al ribasso. “La taglia di un gruppo è oggi una condizione necessaria ma non più sufficiente per vincere. Anche perché non c’è una soluzione che funzioni in tutti i luoghi del mondo”, sostiene Luca de Meo, ceo del gruppo Renault in una recente intervista a L’Espresso. E se Manzoni ci avesse anticipato? “Il povero don Abbondio rimase un momento a bocca aperta. Come stesse di dentro, s’intenderà meglio, quando avrem detto qualche cosa del suo naturale, e de’ tempi in cui gli era toccato di vivere”.