Il bravo attore Luigi Diberti, col quale ho lavorato nel 2012 nella messinscena del testo di Tom Stoppard, The Coast of Utopia e, ancor prima, nel 2008, nel film Sanguepazzo, mi ha fatto scoprire attraverso il monologo elaborato insieme allo scrittore e presbitero Gianmario Pagano e messo in scena in un fortunato spettacolo che ha girato in tutta Italia, una figura pressoché sconosciuta. Si tratta di Elio Trenta, nato a Città della Pieve nel 1912 e morto precocemente nel 1934, un meccanico quasi autodidatta che brevettò nell’aprile del 1932 presso l’allora Ministero delle Corporazioni del Regno d’Italia il “rapportatore di velocità per macchine in genere”, ovvero l’ormai comunemente diffuso cambio automatico, oggi disponibile su gran parte delle autovetture in commercio per non dire tutte. Nemo propheta in patria.

Nulla sapevo di Elio Trenta e le notizie che ho potuto trovare in rete sono così scarne che sembrano tutte provenire da una medesima stringata fonte. Per taluni sarebbe morto ventenne nel 1932, prima dunque d’aver conseguito la laurea in ingegneria, per altri invece due anni dopo. È evidente che il giovanissimo inventore ha concepito il rivoluzionario meccanismo addirittura nel corso dei suoi studi, con inventiva e lungimiranza precocissime.
Tuttavia questo suo brevetto, rubricato col numero d’ordine 298415, non trovò alcun credito presso l’industria automobilistica italiana, penso soprattutto per l’aggravio di costi che avrebbe comportato su un prodotto che, per quanto ancora lussuoso e per pochi eletti, stava cercando in tutti i modi di allargare la propria clientela. Per quanto l’invenzione semplificasse la condotta dell’autoveicolo, fino a quel momento riservata agli chauffeurs ma sempre più diretta al cliente che voleva guidarlo di persona, la complessità costruttiva, l’eccessivo assorbimento di potenza e l’aumento dei consumi che il cambio automatico comportava, fecero sì che la Fiat, alla quale Trenta ne aveva offerto l’esclusiva, la declinasse con garbo.

n° 306379, Elio Trenta
Elio Trenta, questo va detto, non era stato il solo. In quello stesso 1931 l’ingegnere svizzero Gaston Fleischel stava studiando un cambio automatico che perfezionasse il sistema elettromagnetico francese Cotal, e il suo brevetto fu acquistato nel 1935 dalla Peugeot. Ancora prima, siamo addirittura nel 1921, il canadese Alfred Horner Munro aveva inventato una trasmissione automatica brevettata nel paese d’origine nel 1925 e, a seguire, nel Regno Unito nel 1924 e in USA nel 1927.
Un altro geniale inventore, Oscar H. Banker (proveniva dall’Armenia, il vero nome era Asatour Sarafian), studiò un cambio automatico per la General Motors nel 1932, stesso anno del brevetto Trenta. Sarà proprio una azienda del gruppo GM, la Oldsmobile, a montare, con un sovrapprezzo di 57 dollari, il cambio automatico sul Model Year 1940, rendendo questo accessorio indispensabile su ogni futura auto americana. Ci vorrà mezzo secolo perché si diffonda con altrettanta capillarità in Europa.

Hydra-Matic
Se Elio Trenta non fu l’unico responsabile di questa innovazione, a lui spetta senz’altro la palma del più giovane. Senza contare che, estraneo e indipendente da qualsiasi sfruttamento industriale, il suo “rapportatore di velocità” è idea che nasce senza l’appoggio di nessuno, per pura teoresi. La morte, repentinamente sopravvenuta ad appena 22 anni, lo ha privato del giusto riconoscimento e perfino del posto che meriterebbe con tutti gli onori nel Pantheon dell’automobilismo italiano. Queste poche righe e soprattutto lo spettacolo di Diberti e Pagano, tentano di contribuire a porvi un tardivo rimedio

Hydra-Matic