Car and Friends

Valerio Berruti
Marco Tullio Giordana

Tutto quello che non dovete sapere sulle auto

La Citroën DS che salvò per due volte de Gaulle

L’8 settembre 1961, Charles de Gaulle e sua moglie Yvonne stavano viaggiando a bordo di una Citroën DS, da Parigi a Colombey-les-Deux-Églises, seguiti dalla loro scorta. Alle 21.35, sul rettilineo che porta da Nogent-sur-Seine a Pont-sur-Seine, l’auto costeggiò un mucchio di sabbia che nascondeva quaranta chili di plastico e nitrocellulosa insieme a una lattina da venti litri di olio, benzina e sapone in fiocchi.

La violenta esplosione colpì in pieno la DS che fu sbalzata dalla parte opposta della strada mentre il liquido creava un muro di fiamme sull’asfalto. Il gendarme Francis Marroux, autista dell’auto presidenziale, riuscì a raddrizzare la traiettoria del veicolo e accelerò per proteggersi da una possibile raffica di mitragliatrice, fermandosi solo pochi chilometri più avanti per permettere al presidente della Repubblica e a sua moglie di cambiare auto e continuare così il loro viaggio verso Colombey-les-Deux-Églises. I sei autori dell’attentato furono arrestati nelle ore successive: erano anti-indipendentisti dell’Organisation armée secrète, avevano combattuto nella guerra d’Algeria e lavoravano tutti a Parigi nel ramo vendita di automobili.

FRANCE – 1944, AUGUST 26: Charles De Gaulle And Georges Bidault In Paris, in front Arc de triomphe . (Photo by Serge DE SAZO/Gamma-Rapho via Getty Images)

L’estate successiva, il 22 agosto 1962, alle 19.45, terminato un Consiglio dei ministri, la Citroën DS 19 di de Gaulle lasciò il Palazzo dell’Eliseo per portare il generale e sua moglie alla base aerea di Villacoublay, da dove la coppia doveva prendere un aereo per Saint-Dizier. Davanti erano seduti il colonnello Alain de Boissieu, genero e aiutante di campo del presidente, e l’immancabile autista,
Francis Marroux.

Appena partiti, la signora Yvonne chiese di fare una sosta alla gastronomia Fauchon, in place de la Madeleine, per acquistare del pollame gelatinoso che poi dispose nel bagagliaio della DS. Alle 20.20, sulla strada nazionale 306, all’incrocio tra rue Charles Debry e rue du Bois, la DS venne sorpresa da un commando di dodici uomini armati disposto su quattro veicoli: una Simca 1000, una Citroën ID19, un furgone Peugeot 403 e una Estafette Renault gialla. Fu da questa che uscirono cinque uomini, equipaggiati con mitragliatrici e coordinati dal tenente colonnello Jean Bastien-Thiry, che aprirono il fuoco sulla DS presidenziale. Era ancora Renault contro Citroën, solo sulla strada e con le armi.

Le prime a essere colpite furono le gomme. Poi una raffica di proiettili si conficcò sul retro dell’auto, dove erano seduti de Gaulle e sua moglie, frantumando il vetro posteriore sul lato del presidente. Appena un istante prima Alain de Boissieu aveva gridato a de Gaulle: «A terra, papà!», impedendogli così di essere ferito.

I colpi attraversarono la strada e andarono a perforare una Panhard che stava viaggiando in direzione opposta. A bordo c’era l’intera famiglia Fillon. Un proiettile centrò la mano del signor Fillon che riuscì però a mantenere il controllo del volante salvando così la vita di sua moglie e dei loro tre figli. Nel frattempo il genero di de Gaulle ebbe la prontezza di ordinare all’autista di accelerare.

Marroux, nonostante le condizioni della macchina, le ruote forate e il terreno bagnato, riuscì ad allontanarsi dal luogo dell’imboscata. Uno degli attentatori, Gérard Buisines, cercò allora di speronare la Citroën con la Renault mentre al suo fianco Alain de La Tocnaye, fuori dal finestrino, mitragliava verso la DS presidenziale. La Citroën, guidata dall’impareggiabile Marroux, riuscì ancora una volta a portare in salvo de Gaulle.

Dei centottantasette proiettili sparati dal commando, quattordici si erano piantati sulla DS. Uno di questi nello schienale del passeggero anteriore, dove era seduto de Boissieu, e tre all’altezza delle teste dei coniugi de Gaulle.

All’arrivo alla base aerea di Villacoublay, Yvonne de Gaulle pronunciò davanti alla polizia una frase destinata a restare nella storia: «J’espère que les poulets n’ont rien eu». Nella sua lingua poulet sta a significare sia poliziotto che pollo. Naturalmente non si riferiva all’auto di scorta ma a quello che aveva nel portabagagli. E dunque: «Spero che i polli non si siano fatti nulla». I quindici uomini coinvolti nei due attentati, tutti appartenenti all’OAS, furono individuati, accusati di attacco contro l’autorità statale e condannati a differenti pene detentive. Tre di loro subirono quella capitale. Due di questi vennero però graziati. E alla fine, di tutto il gruppo, solo il tenente colonnello Bastien-Thiry, con l’accusa di cospirazione contro la sicurezza dello Stato e tentato assassinio del presidente della Repubblica, venne giustiziato da un plotone militare a Fort d’Ivry all’alba dell’11 marzo 1963. Fu l’ultimo detenuto a essere fucilato in Francia. De Gaulle invece rimase vivo, vegeto nonché fedelissimo alla sua DS. E a bordo di questa avrebbe attraversato il nuovo corso francese.

tratto da “R4 – Da Billancourt a via Caetani” di Piero Trellini, Mondadori