Nella storia ultracentenaria dell’automobile una volta soltanto una casa automobilistica si è avventurata nella realizzazione di una vettura concepita esclusivamente per una clientela femminile. Capitò alla metà degli anni 50 negli Stati Uniti quando i professionisti marketing stavano prendendo piede con la libertà di esplorare tutte le possibili nicchie di potenziali entrate. Era probabilmente il momento di osare perché l’economia era in pieno sviluppo postbellico e in giro c’era un gran voglia di cancellare i ricordi legati all’austerità vissuta in tempi di guerra annegandoli in un nascente consumismo sfrenato.

Inoltre, l’industria automobilistica stava diventando matura per la sperimentazione: il trionfo delle pinne esagerate era soltanto il segnale più forte, ma era tutto un fiorire di cromature esagerate e di edizioni speciali una dietro l’altra. Stava nascendo il cosiddetto “marketing mirato” e in Dodge pensarono a una vettura che si annunciava nella pubblicità come “La prima auto progettata esclusivamente per l’automobilista donna”. Il messaggio doveva bucare per forza, perché fino a quel momento le auto erano state esclusivamente una riserva maschile.

A pensar male, e in tanti all’epoca lo pensarono, ci si può immaginare un gruppo di giovani rampanti usciti da varie università di economia, con specializzazione in quella nuova disciplina che andava sotto l’etichetta di marketing, seduti attorno a un tavolo a caccia di idee geniali del tipo «Noi sappiamo cosa vogliono le donne» o peggio «Vogliono sicuramente una macchina rosa!», per arrivare a «Certo, un’auto rosa con tanti accessori davvero utili, come un impermeabile e un rossetto».

Forse non è andata esattamente così, ma quell’auto divenne realtà e con appiccicato addosso un nome che non doveva lasciare dubbi. Si chiamò La Femme e al di là dell’inevitabile colore rosa abbinato a un bianco panna aggiungeva alcune caratteristiche tecniche per guidare senza sforzo o meglio, com’era scritto sul libretto di uso e manutenzione, in “maniera femminile”: il cambio delle marce era a pulsante e aveva un servosterzo burroso per manovrare anche a bassa velocità.

Ma la vera idea geniale, secondo gli ideatori, era il corredo di accessori associati alla vettura. Ogni auto era dotata di un set di prodotti di bellezza realizzato da Evans a Chicago, una custodia per il rossetto, un accendisigari da borsetta e un portamonete. I colori di questi articoli andavano dal guscio di tartaruga alla pelle rosa con accenti dorati ed erano ulteriormente abbinati a un mantello antipioggia, un cappello e un ombrello, tutti corrispondenti all’aspetto jacquard degli interni dell’auto (oltre a una borsa rosa).
Ognuno di questi articoli aveva anche il proprio vano portaoggetti su misura all’interno del veicolo. Il problema di fondo si rivelò comunque il messaggio di lancio «Con appuntamento speciale a Sua Maestà, la donna americana» che si rivelò troppo vago perché non lasciava intendere che la vettura potesse essere adatta allo stile di vita di chiunque e soprattutto non chiariva quale fosse il vero mercato di riferimento al di là di un generico universo femminile.

Una comunicazione, e in parallelo una campagna pubblicitaria, che presumeva di sapere che cosa si aspettassero esattamente le donne da un’automobile. Un errore di valutazione che si combinò con ben poca lucidità strategica, in particolare non pensando mai ai valori di rivendita. Chi avrebbe acquistato questo modello di seconda o terza mano, una donna per forza? Una bella limitazione perché le femmine al volante rappresentavano soltanto un quinto dei guidatori per strada. Il risultato è che il valore dell’usato crollò in fretta.
Morale nel 1955, anno del lancio, si vendettero appena mille macchine e ben poco servì passare un anno dopo dal colore Regal Orchild al Misty Orchild aggiungendoci tappetini color lavanda. L’auto proprio non si vendeva. E con un bilancio di appena 1500 vetture in due anni, la produzione nel 1957 cessò. Beato comunque chi ne ha ancora una in garage perché adesso quelle La Femme sono introvabili, e sul mercato delle auto/ da collezione valgono oggi una fortuna perché gli esperti del settore assicurano che ce ne sono ancora in circolazione non più di 100.