
ROMA – All’inizio degli anni Ottanta anche in Italia cominciò a maturare l’interesse per le auto d’epoca, più come forma d’investimento che vera passione a dirla tutta, nella generale euforia borsistica di quella stagione con l’inflazione (è bene ricordarsene) a due cifre e il debito pubblico in ascesa. Malgrado l’Italia abbia avuto una delle tradizioni automobilistiche più smaglianti d’Europa, il fenomeno vi era circoscritto a pochi appassionati cultori, fra i quali vorrei almeno ricordare Giorgio Franchetti, grande collezionista d’arte che fu tra i primi a considerare opere anche le automobili. Lo seguirono a ruota molti altri antesignani, come Mario Righini, Edo Ansaloni o Corrado Lopresto, che colleziona soltanto prototipi o pezzi unici, anche se nessuno al mondo potrà mai eguagliare quella del sultano Hassanal Bolkiah che possiede oltre 7000 auto (650 Rolls Royce, 80 Bentley, 11 Ferrari F40, 2 Ferrari 250 GTO, per non dire che di queste!).


con l’Alfa Romeo 6C-1750 GS
Il collezionismo di auto era tradizione già solida in Inghilterra (forse l’amore per l’antiquariato semovente l’hanno inventato lì) e anche in Francia e Germania i ragazzi non si vergognavano di circolare sulle bagnarole restaurate con pochi soldi. Qui da noi invece venivi guardavano come uno zingaro se andavi in giro con una sospetta auto vintage e quando ti fermavi dal benzinaio per succhiare pochi litri (non ballavano molti quattrini nelle tasche degli studentelli!) gli altri clienti si tastavano il portafoglio per controllare che ci fosse ancora.
Questa passione mi aveva contagiato fin da bambino, forse perché il mio migliore amico, Bruno Pasquini da Crema, era un provetto meccanico appassionato di mezzi militari e da lui andavo a lezione per imparare a insudiciarmi le mani azzardando riparazioni sempre più ardite. Fu così che nel 1972 acquistai coi proventi di una mostra (allora volevo fare il pittore!) la mia prima auto: una Land Rover 88 serie II della British Army on Rhine (B.A.O.R.) di stanza in Germania e perciò con la guida a sinistra, dunque comoda per circolare in Italia. Consumava parecchio, anche se allora la benzina costava 134 lire, e per uno studentello/pittore squattrinato era piuttosto impegnativa.


La mia Land Rover era però dotata, secondo le specifiche militari, di due serbatoi. In uno mettevo la benzina sufficiente per partire, l’altro lo riempivo col kerosene da riscaldamento che costava invece molto meno. A motore caldo, giravo una manetta e il glorioso 4 cilindri progettato da Maurice Wilks e Arthur Goddard ( ha appena compiuto i 101 anni, auguri!) con compressione bassa per poter utilizzare anche combustibili mediocri, tirava avanti lo stesso senza protestare. Reato fiscale? Speriamo sia andato in prescrizione.
Dunque il collezionismo, le aste, le mostre scambio, i mercatini, le riviste specializzate, cominciarono ad attivarsi anche da noi rivelando una nicchia consistente. Gli innamorati delle vecchie auto, quelli che in Toscana chiamano “passionisti”, parola che evoca processioni e flagellanti incappucciati, formarono una comunità itinerante che si ritrovava nelle manifestazioni sempre più frequenti in giro per l’Italia e lo scambio di auto e moto diventerà in breve una quota non banale del mercato automobilistico. Un giorno o l’altro mi piacerebbe scrivere di questa galleria di incredibili personaggi, ma in questa occasione mi limiterò a evocare i collezionisti delle auto delle celebrità, una nicchia nell’alveare degli automotoscambisti (absit iniuria verbis), spesso salvatori di auto che altrimenti si sarebbero disperse nell’anonimato delle tante auto d’epoca in vendita senza albero genealogico.

La Lancia Flaminia Coupé 2,8 di Marcello Mastroianni
Una trentina d’anni fa mi capitò un’auto che mi sarebbe piaciuto comprare. Si trattava di una Lancia Flaminia coupé Pininfarina, primo proprietario l’adorabile Marcello Mastroianni, una delle persone più deliziose che mi sia capitato d’incontrare. Nessuna aria di superiorità mai, malgrado bravura e gloria, grande mitezza d’animo, disponibilità e ardimento di attore pronto a qualsiasi esperienza senza pensare che il meglio fosse ormai alle spalle. Infatti era pronto a lavorare anche con generazioni più giovani (penso a Verso sera di Francesca Archibugi, Stanno tutti bene di Giuseppe Tornatore, La vera vita di Antonio H di Enzo Monteleone) oltre ai prediletti giganti Fellini, Scola o Ferreri (e qui mi fermo, ma l’elenco sarebbe sterminato). In altre parole, un uomo meraviglioso e si capisce bene perché chiunque lo trovasse irresistibile.

La coupé Roma 827708 non è stata l’unica Flaminia posseduta da Mastroianni. Una foto ce lo mostra nei primi anni 60 accanto alla bellissima convertibile che la carrozzeria Touring disegnò per la casa torinese affiancando l’altra sua versione coupé, più leggera e prestazionale di quella “borghese” realizzata da Pininfarina.

C’è però una terza Flaminia che possiamo tranquillamente considerare la favorita visto che molti dettagli gli furono costruiti su misura: si tratta della stupenda Super Sport del 1965 costruita da Zagato, ultima serie e culmine delle berlinette sportive disegnate per Lancia dal carrozziere milanese, con la coda tronca che seguiva i principi aerodinamici di Wunibald Kamm e le conferiva una grinta corsaiola.

e la sua Flaminia Super Sport Zagato
Si tratta di un capolavoro della scuola italiana e anche la finizione interna, volutamente spartana, intendeva ribadirne la vocazione sportiva. Mastroianni chiese di sostituire i pomelli di serie in bachelite con altri in legno che gli furono torniti apposta, più altre minutaglie che ne fanno una vettura unica. Oltre a chiedere un colore decisamente fuori ordinanza, un visone scuro che sarà poi utilizzato dalla Lancia per modelli successivi ma che non s’era mai visto su una Flaminia. Un recente restauro l’ha riportata al colore blu originale, cancellando le tracce dei ghiribizzi di Marcello. Lungi da me giudicare, ma personalmente l‘avrei lasciata come l’aveva voluta lui.

la sua Flaminia SSZ dalla carrozzeria Zagato
La Flaminia, soprattutto nelle sue declinazioni sportive come la GT Touring (coupé e convertibile), la coupé Pininfarina e, per l’appunto, la Sport e Super Sport Zagato, furono molto apprezzate dalla clientela che, trovando forse troppo sfrontate Maserati e Ferrari, preferiva auto meno clamorose ma ugualmente eleganti e preziosamente vestite dai nostri carrozzieri. Tantissime sono le immagini in cui i paparazzi ci mostrano Flaminie pilotate da dive, divi, sportivi, scrittori e socialite sulla cresta dell’onda. Da Sandra Milo a Brigitte Bardot, da Vittorio Gassman ad Anita Ekberg, da Juan Manuel Fangio a Ernest Hemingway, da Maria Callas a Claudia Cardinale, alla “principessa triste” Soraya Esfandiary Bakhtiari, la moglie ripudiata dello Scià di Persia.

Un’epoca che sembrava promettere prosperità e pace, ma forse teneva soltanto i conflitti sotto sedazione. Di lì a poco, fra Vietnam e Sessantotto, nessun placebo avrebbe più fatto effetto e l’età dell’oro, con le sue macchine stupende, donne trasgressive e uomini seducenti, non sarebbe stata che un voluttuoso ricordo.



