Ho passato buona parte della mia vita professionale a confrontarmi con certezze assolute e verità
inconfutabili che venivano proposte ad ogni presentazione o ad ogni incontro con i boss
dell’automotive.
Ho imparato moltissime cose grazie a tecnici straordinari e geniali esperti di
comunicazione, poi progressivamente sostituiti dai guru del marketing. A loro devo moltissimo di
quel barlume di capacità di analisi che ho cercato di esercitare nel mio mestiere.
Qualche volta ho anche timidamente provato a insinuare il beneficio del dubbio (senza critica, per
carità, solo con il conforto del mio banale senso comune) e sono stato, quasi regolarmente,
ricondotto nei ranghi di “osservatore”.

Dopo averne viste e sentite tante da tutti (o quasi) i manager quando tutto andava bene, mi risulta
difficile costatare che, adesso che le cose non vanno più benissimo, tutti (o quasi) continuano a
spiegare cosa si deve fare per farle andare bene.
Sfogliando appunti pieni di affermazioni perentorie ho la sensazione che manchi qualcosa: forse
dire ogni tanto cosa e dove si è sbagliato non sarebbe così assurdo o disdicevole. Anche perché,
come diceva (e praticava) il grandissimo Ferdinand Piech: “un bravo tecnico non deve mai fare due
volte lo stesso errore”.