Gli automobilisti italiani scoprirono che erano diventati tantissimi domenica 8 maggio del 1966. Non che nei mesi e negli anni precedenti non si fossero accorti che qualcosa stava accadendo: le prime file in coda per andare al mare la domenica mattina (ancora in pochi potevano permettersi la casetta da raggiungere già il sabato) erano un segnale inequivocabile. Ma in quella metà anni Sessanta le automobili stavano aumentando al ritmo di quasi un milione l’anno e nella fatidica domenica di maggio del 1966, il circolante stava superando in corsa i 6 milioni di autovetture.
Non aumentava soltanto il numero delle auto. Il boom aveva portato il Prodotto interno lordo a livelli e a ritmi di crescita mai visti. Fatto 100 il valore del PIL a inizio secolo, l’Italia era uscita dalla guerra con un valore 80, ma era balzata a 220 in pochi anni, a 330 nel 1963 e a 550 nel 1968. Crescevano, parallelamente, anche le tecnologie: la scoperta del transistor rese più facile dal 1961 l’integrazione dell’autoradio nel cruscotto.
Non stupisce, oggi, perciò, che a quella insolita caccia al tesoro organizzata dall’Automobile Club d’Italia e dalla Rai in quattro domeniche della primavera del 1966 parteciparono più di 40 mila automobilisti, intasando le strade di tutta Italia con un successo di partecipazione imprevisto e imprevedibile. E, precisò all’epoca l’allora presidente dell’Aci, Luigi Bertett, «l’affollarsi delle richieste presso alcune sedi degli AC negli ultimi giorni non ha consentito di dar corso a tutte le richieste».

Naturalmente non era una gara di velocità, ma di giochi e di regolarità. Il meccanismo era semplice: la prima giornata (che si concludeva comunque alle 14) era una classica caccia al tesoro. Alle 8 si ritiravano le buste e, seguendo le indicazioni radiofoniche (c’erano cinque trasmissioni a reti unificate, della durata di tre minuti, prima del Giornale radio), bisognava risolvere i quiz e raggiungere il punto successivo con la soluzione.
Ogni provincia aveva il proprio itinerario e i propri quiz: giochi di parole, ricerca di negozi, puzzle, collage, indovinelli: ad esempio, cosa significa l’acronimo Esso, ricomporre sul lunotto posteriore 20 lettere adesive per far comparire una scritta da scoprire (che era: «TROPPO VICINO CHI LEGGE»), riconoscere una canzone dal suo incipit, costruire un aquilone, fare tre tiri a canestro, procurarsi un lecca lecca, un mazzo di carte, un biglietto del cinema, perfino portare tre galline (vive) da un posto all’altro.
Ci si organizzava: tutti si munivano di notes e penna biro, poi c’era chi si caricava in auto dei libri o addirittura un’enciclopedia, chi coinvolgeva l’amico secchione, chi riempiva la vettura con più persone possibile, chi se ne fregava e partecipava per divertirsi, magari con la fidanzata.

Perché i premi erano anche interessanti: i 99 vincitori della prima giornata (ce n’era uno per ogni Automobile Club) ricevevano un televisore; i 28 della seconda ottenevano una Fiat 500/D; poi c’era la finale sul circuito di Monza: ci arrivavano in 800 (come numero di automobili, ma le persone a bordo erano 3 mila) a misurarsi non solo sui quiz, ma anche tra birilli e i cronometri nella gara di regolarità: una prova di precisione, una al semaforo, una sportiva e quattro controlli orari. E anche qui premi a cascata: un’Alfa Romeo Giulia 1300 TI, una Lancia Fulvia 2C, una Fiat 124, un’Innocenti Mini Minor, un’Autobianchi Primula, una Fiat 850, una Lambretta, ma anche orologi, pellicce, autoradio, giradischi e tanti, tanti, tanti buoni di benzina.
La grande partecipazione, una vera e propria mobilitazione, tuttavia, rimaneva quella della prima giornata, la più coinvolgente, la più divertente, la più primaverile. «Non ho mai raggiunto una posizione in classifica degna di nota che mi permettesse di accedere alle fasi finali», racconta ancor oggi sul suo blog uno dei partecipanti dell’epoca. «Ero una schiappa, ma mi divertivo, ci divertivamo un sacco facendo casino e, naturalmente, finendo con il fare una scampagnata e rientrando, poi a casa, in serata».

Un caos allegro con qualche momento imbarazzante. L’appuntamento in piazza a Cremona, con tutte quelle auto con le radio accese per non perdere la comunicazione di partenza, convinse un gruppo di seminaristi a far chiudere il portone della cattedrale per non disturbare la messa; la richiesta di portare al controllo un bambino fra i e i 10 anni provocò qualche spiacevole equivoco; un automobilista che era riuscito a recuperare i tre polli, ma non a consegnarli rischiò una denuncia per furto.
Un grande successo, insomma, che si replicò per due anni. Nel maggio-giugno 1967, sotto la guida radiofonica di Corrado, 46 mila concorrenti si contesero 140 automobili, 135 televisori, 99 canotti, 594 treni di gomme, 112 radiofonografi, 630 radio e 17 mila ieri di benzina. L’anno dopo, quella che fu soprannominata «la più popolare scampagnata dell’anno» fu spostata a luglio e cambiò denominazione diventando «Autoradioraduno d’estate». Niente finale a Monza, ma in sette località turistiche. Aveva come testimonial Mina e una sua canzone scritta per l’occasione: Allegria. E il patrocinio di ben sette ministeri.
Ma finì lì: troppi automobilisti, troppo traffico (le auto in circolazione erano diventate più di 8 milioni) e – a pensar male – anche troppi ministri. Di quelle giornate di 60 anni fa resta in giro qualche scarsa memoria su Internet, dove si trova in vendita anche un Regolamento dell’edizione 1967. Con le lettere sbarrate a penna, perché una delle prove da superare era proprio quella di contare il numero dei caratteri contenuti nel libretto, comprese le cifre di ogni numero, la punteggiatura e qualsiasi segno grafico, anche gli asterischi, ma non i caratteri delle pagine 6 e 22. La domanda è da sadici, la risposta è 18.381.