È apparso nelle News di Ruoteclassiche, l’autorevole rivista italiana di automobilismo d’epoca, un interessante articolo che dovrebbe tranquillizzare, almeno per quel che riguarda questo ristretto comparto, sui dazi appena staffilati da Trump sull’economia mondiale. Dazi che vanno da un minimo del 10% per la Repubblica di San Marino a un massimo del 50% o addirittura del 99% per le isole Heard e Mc Donald in Antardide e l’arcipelago di Saint-Pierre e Miquelon, territori francesi d’Oltremare, pericolosi esportatori di pinguini e crostacei.

Le borse e gli economisti più avvertiti (non necessariamente di area progressista e ostile a Trump per principio) sono pieni di dubbi su queste misure che rischiano di deprimere anche l’economia americana per gli inevitabili contraccolpi sui mercati mondiali che preoccupano tutti i governi del globo (tranne il nostro che, preoccupato solo del consenso entrobordo, sembra sottovalutare tutti i pericoli, indeciso se accodarsi all’Europa o scodinzolare a Trump malgrado il 25% cui dovremo sottostare).

Scrive Ruoteclassiche che i veicoli di importazione con almeno 25 anni al momento dell’ingresso negli Usa saranno completamente esentati dai dazi del 25% applicati su autovetture e furgoni leggeri a partire dal 3 aprile, indipendentemente dall’origine, dalla marca o dal modello. L’Agenzia delle Dogane e della Protezione delle Frontiere degli Stati Uniti continuerà ad applicare l’attuale dazio del 2,5% sulle vetture importate, mentre la tariffa del 25% sarà aggiunta solo per le auto e i furgoni leggeri nuovi o comunque con meno di 25 anni.

Grande sollievo per i collezionisti, che temevano un approccio più violento da parte di Washington. Non per tutti, però: la norma penalizza infatti gli appassionati di vetture più recenti e già di interesse collezionistico, riducendo l’appeal delle auto europee (italiane in testa) o giapponesi prodotte dopo il 2000. Per i ricambi i dazi saranno definiti a inizio maggio e sarà curioso vedere come cambierà il trattamento da parte delle dogane USA dei pezzi usati, i cosiddetti new old stock (i nostri fondi di magazzino) o quelli ricostruiti oggi per le vecchie vetture.

Sarà incauto profetizzare che questo comporterà una massiccia esportazione oltreoceano delle nostre vetture classiche? Chi non vorrà approfittare di questa finestra che potrebbe anche venir chiusa all’improvviso? Non sarà che questo “regalo” di Trump ci priverà di un’altra consistente fetta di patrimonio nazionale?
